Primo giorno di scuola. Per l'occasione ho indossato l'uniforme d'ordinanza: Maglietta degli Anthrax, consumata e bucata in qualche punto, come piace a me; mini di jeans, molto mini; calze a rete smagliate alla perfezione; anfibi. La mano destra inguantata. La sinistra libera. Ho raccolto i capelli in una treccia, che poi ho fatto cadere sulla spalla destra. Bracciali vari, tra cui il serpente regalatomi da Meddy, che si attorciglia attorno al bicipite. iPod alle orecchie, ovviamente.
I miei non fanno neppure più caso al mio look. Disturba troppo la loro idea di 'Mulino Bianco Family Style'. Ci manca solo il ruscello a fianco della villetta, e la ruota che gira.
Scendo dalle scale. Mia madre, come suo solito, si premura di avvisarmi che mi accompagnerà a scuola. Cazzo! E' dall'altra parte della strada. Ha paura che mi perda in questo fottuto paese? Sgranocchio un biscotto. Bevo un sorso di succo di arancia rossa. Sembra sangue. Mi piace. Lei, la madre, mi osserva in attesa di una risposta. Continuo a seguire Exile che urla nelle mie orecchie. La fisso. Lei borbotta inutilmente. Ha capito! Andremo ognuna per la sua strada. Mio padre neppure ci prova, legge il giornale, sbuffa, tra poco deve andare in città, il fortunato!
Raccolgo la mia roba. Non è molta: un blocco appunti, una penna nera, un elastico che regge tutto, un libro di testo preso a casaccio dalla scrivania, in camera mia. Il cellulare continua il suo rituale silenzio. Idem la chat di Facebook, e persino Twitter mi ignora. Devo essere stata cancellata dall'Universo senza accorgermene.
La scuola è una merda. Prima di entrare ho scattato una foto e l'ho mandata su Twitter con un messaggio di aiuto. Sento squillare la campanella. Ci sono bambini piccoli che corrono su per le scale. Metà di loro ha il grembiule azzurro. L'altra metà ha il grembiule rosa. Deve essere un incubo. Dietro a loro ci sono quelli più grandi. Vestono da sfigati, per lo più. C'è un gruppo sparuto di Emo. Ci sono i soliti Nerd che non staccano mai gli occhi dalla loro PSP. Ci sono gli invisibili. C'è persino un trio di fighette alla moda che sfila schivando la bava dei maschi in preda agli ormoni. Tra loro qualche adulto in giacca, cravatta, e valigetta. Mi faccio coraggio e avanzo. Ovviamente non passo inosservata. Sembro Mosè che separa le acque del Mar Rosso.
Mi dirigo in presidenza. Neppure so quale sia la mia classe. La preside mi squadra dall'alto in basso. Mi fa sedere. Gira attorno alla cattedra e si siede «Spero non vorrà turbare la quiete di questa scuola», la sua voce è suadente quanto un gesso sfregato sulla lavagna. Ha circa sessant'anni portati dannatamente male. Indossa un abito a quadri arancioni, un modello di sua creazione, probabilmente. Il tessuto sembra lo stesso delle tovaglie delle feste di Partito. Studia i miei documenti scolastici con gli occhiali in Titanio che le pendono dal naso. Legge i miei voti, poi mi guarda. Legge i miei voti, poi mi guarda. E' inutile che guarda la mia faccia con quegl'occhi da triglia. Ho un Q.I. di 150 e l'unica materia in cui faccio schifo è ginnastica, forse perché io non la faccio, ginnastica.
«Vedo che è un'ottima studente - ovvero: l'abito non fa il monaco - Spero solo che anche la sua condotta sia all'altezza della situazione».
Annuisco, alle orecchie mi accarezza Fight 'Em 'til You Can't.
La faccio breve: finisco nella stessa classe delle tre dive. Ovviamente, ovunque io compaia il silenzio cala come la falce mietitrice. Vengo squadrata, giudicata, condannata senza appello. Si fottano! A metà della terza ora ne ho già piene le palle. Matematica. Non è colpa della professoressa, ma davvero devo sorbirmi le equazioni di primo grado? Che razza di programma hanno? Sono indietro come i meloni. Mi alzo e mi avvio verso la porta. L'insegnante si interrompe e mi chiede «Scusi signorina, dove sta andando?».
«A pisciare!», le risate tra i banchi si sprecano. Qualcuno, forse, comincia a vedermi come un dio in terra.
«Ma... Ma... Le pare il modo?».
«Devo forse farla in un bicchiere di plastica?», altre risate.
«Vada... Vada... - l'imbarazzo della professoressa è evidente - Ma non faccia tardi».
La guardo storto ed esco. Il bagno è proprio in fondo al corridoio. Entro. Mi dirigo alla parete dove si trova la finestra a ghigliottina. L'apro. Metto fuori la testa. Il terreno è a pochi metri dal mio naso. Non esito neppure un istante. Mi isso, esco, mi butto. Libera!
Sfortunatamente il cesso della scuola dà sul cimitero. Lì c'è il prete panzone che innaffia i fiori del cespuglio che funge da confine. Ovviamente mi nota e mi fa un cenno. Mi avvicino.
«Ti aspettavo - ha una voce calda, avvolgente, quasi ammaliante - E' parecchio che manca una come te, in questi luoghi», di che diavolo sta parlando? Ma sono tutti matti in questa valle di lacrime?
«Seguimi!».
Lo seguo. Che altro posso fare, scappare? Alla peggio mi prenderò una sgridata dalla preside, e poi la famiglia del Mulino Bianco farà altrettanto. Niente che non sappia affrontare. Il prete mi sorprende. Mi porta in canonica, mi fa sedere, e poi chiude la porta a chiave.
«Potresti toglierti gli auricolari?», chiede proprio adesso che sto ascoltando gli Slayer. Interrompo Spill the Blood e sfilo le cuffie.
«Immagino tu sappia perché sei qui - dice - c'è un estremo bisogno delle tue... innegabili facoltà», ma di che cazzo sta parlando?
Mi rifila una filippica incomprensibile che sembra un mix tra una serie tv per teenager, un testo degli Slayer, e i vaneggiamenti di un uomo in preda alla follia. Secondo il prete io sarei una Cacciatrice. Al mondo ne esiste solo una. E solo quando questa muore, da qualche parte, ne compare un'altra. Lo ascolto, immagino che cada in preda a convulsioni, che i suoi occhi gli si ribaltino nelle orbite, che cominci a camminare sul soffitto. Niente di tutto ciò. Rimane pacato, con le mani giunte a preghiera sulla panza. Afferma che il mondo è pieno di creature demoniache. Molte di queste si nascondo tra noi, altre sono aggressive, pericolose, mortali. Dice che sotto il paese è nascosta una porta che conduce direttamente all'inferno. Dice che il mio compito è quello di eliminare i demoni, e fare in modo che la porta rimanga chiusa.
Se non scoppio a ridergli in faccia è solo perché sembra davvero convinto di ciò che afferma. Ammetto che mi spaventa. Questo prete dev'essere un malato di mente. Ma non potevo cadere tra le grinfie del solito prete pedofilo maniaco sessuale? In quel caso avrei saputo come affrontare la situazione. Ma in questo caso che cosa posso fare? I manicomi li hanno chiusi da un bel pezzo.
"Assecondalo - mi dico - I matti vanno sempre assecondati". Lui non si accorge di nulla. Continua con la sua filippica. Mi dice che per oggi sono libera, ma che domani dovrò fare un test per vedere qual è il mio livello di preparazione. Si alza soddisfatto. Apre la porta. Mi fa uscire. L'appuntamento è per domani, dopo la scuola. Non dirà nulla alla preside della mia fuga. Meglio che vada a casa ad allenarmi.
Quando sono sola non posso fare a meno di sedermi. Mi tremano le ginocchia. Alle orecchie ho di nuovo gli Slayer. Ascolto World Painted Blood. Ripenso a quel cazzo di sermone. Era davvero convincente. Ma che diavolo c'entro io con tutta questa storia?
Riprendo fiato e torno a casa. Una casa vuota. Madre e Padre sono al lavoro. Mi siedo sul divano. Accendo la tele. Scorro la merda tra i canali del digitale, poi spengo. Vado in camera. Mi sdraio sul letto. Mi rialzo. Vado in bagno. Vomito. Torno in camera. Ho bisogno di parlare con qualcuno. Prendo il cellulare. Ovviamente non ci sono messaggi. Faccio il numero di Alex: non è raggiungibile. Faccio il numero di Meddy: non è raggiungibile. Ma dove cazzo sono finita? All'inferno?
Mi sdraio sul letto, metto la musica a palla. Cado nel vuoto. Quando riapro gli occhi è già mezzanotte. Tremo.
Per chiunque sia in ascolto... Mi chiamo Clara e ho 16 anni.
tieni povera pulzella questo ti aiuterà!
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=-t0affoV5rI
Grazie Caro, almeno c'è qualcuno che mi ascolta.
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