giovedì 6 settembre 2012

Day 3

Terzo giorno di prigionia. Il look di oggi non si discosta molto da quello di ieri. Ho sostituito la maglietta con un corpetto nero in stile ottocentesco che lascia in vista l'ombelico. Stessa mini, stesse calze, stessi anfibi. Per non scompensare troppo i campagnoli con le nudità del mio corpo ho recuperato il Chiodo dallo scatolone che ancora devo finire svuotare. E' il chiodo che Alex mi ha regalato allo scoccare del nostro primo mese. Come una scema, da quel giorno, non ho più smesso di indossarlo, sia che fosse estate, sia che fosse inverno. E ora Alex dov'è? Non pervenuto!
Ho deciso di aggiungere un filo di trucco in bianco e nero. Labbra, occhi, e smalto sulle unghie. Temo che oggi le dive mi metteranno in un angolo, e voglio che mi trovino pronta allo scontro. Non sia mai che io rifiuti di partecipare a una guerra.

Il cane abbaia ancora come un disperato. Avrà almeno da mangiare? Decido di fare il giro lungo, giusto per controllare che la bestia sia in grado di sopravvivere. Il giro lungo è in realtà qualcosa del tipo andare in direzione opposta alla scuola, passare davanti al giardino del vicino, fare dietro front, e tornare sui propri passi. Quando arrivo davanti al cancello del vicino la belva si zittisce. Mi guarda. Mostra i denti. Le orecchie sono basse sul capo. La coda è nascosta tra le gambe. Mi fermo, lo guardo, guardo oltre la sua ombra per controllare non so cosa nel giardino antistante la casa.
«Cazzo c'hai da guardare?», chiedo al cane che non smette neppure un istante di fissarmi.
Questo fa uno scatto come a volermi mordere. Si appoggia al cancelletto con le zampe anteriori, e mi abbaia contro come fossi Hannibal Lecktor venuto a posta in quel merdoso paese per mangiargli il cervello. Gli mostro il medio e me ne vado indifferente. Si fotta pure lui, per me può anche morire di fame. 

A scuola vengo placcata dalla preside. Oggi ha un vestito a fiori gialli e rosa, come le tende di un camper di seconda mano. Gli occhiali in Titanio, questa volta, aderiscono perfettamente al volto quadrato che sbuffa come una locomotiva a vapore. Al suo fianco c'è la professoressa di matematica. La mia fuga non deve essere passata inosservata.
«Signorina?», mi dice la preside agitando l'indice della mano destra «Pensa forse che questo sia un albergo?».
Sfilo le cuffie proprio durante l'attacco di I Hate You. La professoressa di matematica mi incalza «Non è rispettoso raccontare bugie alla propria insegnante - dice - Io...». La interrompo con un mezzo sorriso «Io, in bagno, ci sono andata veramente», ed è la fottutissima verità «Non le ho mai detto che sarei ritornata in classe».
La preside mi guarda esterrefatta, si toglie gli occhiali per puntare direttamente le sue pupille grigie sulle mie «Come si...». E' Frate Tac a interromperla, ovvero il prete di questo luogo di espiazione. Il prete ha un'età indefinibile, potrebbe essere un trentenne così come un sessantenne. Pesa almeno due volte la sua altezza in centimetri. Ha un volto tanto rotondo che...
«Padre Vincenzo!», esclama la professoressa «Abbiamo proprio bisogno di una persona come lei per raddrizzare questa ragazzina».
"Ragazzina un paio di palle!", penso mettendo di nuovo gli auricolari alle orecchie. Le due donne si concentrano sull'uomo in divisa da prete. Io mi faccio di nebbia e arretro lentamente. In cuffia erompe Violent Pacification; stesso album, altro brano.

Mi allontano, nessuno mi nota. La campana suona, per cui mi dirigo verso l'aula, che è già gremita di scimmie obbedienti, per l'ora di storia. La lancetta delle ore insegue furiosamente quella dei minuti, avanti ai miei occhi scorrono immagini di plotoni vestiti con camicia rossa che combattono alle porte di Roma. «Obbedisco», dice un tizio con la barba e un berretto scemo, ed ecco squillare non le trombe, bensì la campanella dell'intervallo. Le scimmie abbandonano l'aula al volo. Sono tutte dirette allo snack bar in fondo al corridoio, che poi è un banco di fòrmica posto davanti a una bidella coi baffi che distribuisce pastine confezionate, caffè, lattine di Coca-Cola, e pizzette scaldate in un tostapane arrugginito.
In aula sono rimasta solo io. No. Ci sono anche le tre dive, che ovviamente avanzano verso di me come fossero le Streghe di Eastwick.

«Bene, bene, bene...», dice Barbie Malibù. Bionda; ha i capelli lisci che le cadono fino al culo dritto, le tettine a coppa di champagne, un vestitino castigato in stile Beverly Hills 90210 nuova serie. Le altre non sono degne di nota. Come ogni trio del male, assieme alla bionda ci son sempre una mora tettona, e una rossa dalle labbra a canotto. Non so se siano nomi d'arte ma, in ordine di presentazione, le tre dive si fanno chiamare Lara, Mara e Chiara. Le guardo con noncuranza. Loro gonfiano i polmoni e le tette, poi «Non ti fare strane idee - dicono in coro - Qui comandiamo noi».
«Sai che notizia...».
Loro si squadrano nelle pupille e poi tornano all'attacco «Ricordati bene che... o stai con noi, o stai contro di noi», dice Lara. «E se stai contro di noi...», continua Mara «Te ne pentirai amaramente», conclude Chiara.
«Ti faremo terra bruciata attorno - prosegue la leader del gruppo - Diventerai invisibile come quegli sfigati di nerd che passano tutto il tempo con la loro pleistescion», dice proprio 'pleistescion', con la esse strascicata come fosse una rete da pesca d'altura. Trattengo una risata solo perché stamattina ho già avuto un incontro ravvicinato con la preside. Faccio spallucce e alzo il volume. Che diavolo ci fa Grignani nella mia playlist? Mia madre deve aver fatto acquisti su iTunes con la mia prepagata, cazzo!

Finisce l'intervallo. Ma non prima che io riesca a pescare una foto di Alex e Meddy che si baciano. Merda! Non ho nemmeno il tempo di riprendere a respirare che la rincorsa tra ore, minuti e secondi ricomincia. Scienze e Inglese, due ore a testa, per lo meno le materie mi interessano. Il prete mi vuole in canonica dopo le lezioni. Secondo voi ci vado? Se mi vuole vedere ancora, deve riuscire a farmi una foto col suo telefonino.

Per chiunque sia in ascolto... Mi chiamo Clara e ho 16 anni. 

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